mercoledì 31 agosto 2011

LA MANOVRA DI JENNA JAMESON

Non sono un tipo particolarmente perspicace, ma ho capito che il gioco della Manovra non mi piace. S'è fatto ripetitivo. Se proprio debbo buttare il mio tempo preferisco dedicarmi alla diretta per l'ultimo giorno di calciomercato, roba molto più seria. Di quelle frattaglie lì, la manovra intendo, ne parleremo poi: quando davvero sarà approvata. Fino a quel preciso istante, diffido chiunque a chiedermi opinioni in merito. E' come parlare degli alieni su Marte, o Jenna Jameson in reggicalze nere nel mio letto: la Manovra non esiste.

sabato 27 agosto 2011

MA NON VE LO SIETE CHIESTO

Per chi se lo fosse chiesto, ero sparito a Palinuro. Un posto con un mare spettacolare e un sindaco che ha tagliato gli unici due pini secolari della orribile e assolatissima piazzetta, ha organizzato una raccolta differenziata che prevede la spazzatura in strada dall'una del mattino, e che per fare in modo che il turista eviti di addormentarsi fino a quell'ora ha autorizzato l'Hotel Nettuno a storpiare Renato Zero e l'instorpiabile Marco Masini a 2 milioni di decibel con un pianobar-karaoke da emorroidi a grappoli.
Marioplanino sta tornando, per chi se lo fosse chiesto.


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lunedì 1 agosto 2011

NO, NON NE VALE LA PENA

Io ho letto Giuseppe D'Avanzo per un bel po' di anni. Non lo conoscevo, all'inizio non conoscevo la sua carriera, la sua storia personale, la sua faccia. Ne leggevo la sostanza, e lo stile, nelle inchieste. Dicevo ad amici e colleghi: D'Avanzo è il migliore. E pensavo: quanto sarebbe bello che un giorno anche una sola persona dicesse di me robe del genere, solo leggendo quel che scrivo. Il lavoro che porta risultati.
Ecco, D'Avanzo, lasciando il Corriere della Sera, aveva lasciato ai suoi giovani colleghi le seguenti 5 "regole di Peppe":
- al mattino fai cinque telefonate a cinque fonti diverse, a persone che ti possono dare notizie, non importa quali, basta che ti spieghino come stanno le cose; 
- studia, non smettere mai di studiare, appassionati ai problemi, falli tuoi; 
- rispondi, devi rispondere sempre quando il giornale ti chiama; 
- ricordati che questo lavoro lo devi vivere con passione, ogni benedetto giorno, e metti passione in quello che scrivi, coinvolgi il lettore, butta sempre il cuore in quel che fai.
Altrimenti non ne vale la pena, non è giornalismo.

Michele Serra ha scritto nella sua "Amaca" che il giornalismo è uno dei mestieri più ignobili del mondo: rifugio di vice-scrittori, palestra di improvvisatori, bolgia di pettegoli. Ma che ci sono giornalisti che non sprecano mai il mestiere, non lo lasciano scolorire nella routine, non permettono alle parole di perdere significato e potere. 
Un contratto a tempo determinatissimo dice che io sono pagato per fare il giornalista. Un esame assolutamente ridicolo attesta addirittura che lo faccio da "professionista". Solo che delle cinque regole di Peppe io ormai ne seguo solo una: rispondo al telefono... E mi considero pure un discreto vice-scrittore e un improvvisatore come pochi (no, pettegolo no). Lascio scolorire nella routine il mio mestiere, mea culpa, e stupro le parole solo per caricare concetti vuoti, il più delle volte.
Ha ragione D'Avanzo: non è giornalismo quello che faccio. E forse non ne vale la pena. Ma D'Avanzo raccomandava ai suoi anche di avere il coraggio di fare scelte coraggiose, nel lavoro e nella vita. Ed è triste auto-convincersi appena superati i 30 (con un bambino piccolo a casa) che rinunciare ai sogni, mettendo in cantina le proprie capacità, per prendersi ogni mese uno stipendio (chiamiamolo così) è diventata forse la scelta più coraggiosa e responsabile di tutte.
Mi piace raccontarmela così. Ho bisogno di raccontarmela così, 'sto schifo di storia.